TRAPIANTI
di Nicolò Porcelluzzi. In questo numero leggerete di delfini e lavoratrici, di librerie napoletane e poesie veneziane, di mostri e mostre.
Benvenuti, questo è il numero centoundici di MEDUSA, una newsletter a cura di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi – in collaborazione con Not.
MEDUSA parla di cambiamenti climatici e culturali, di nuove scoperte e vecchie idee. Ogni due mercoledì.
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In questo numero leggerete di delfini e lavoratrici, di librerie napoletane e poesie veneziane, di mostri e mostre.
Ho provato a tradurre qualche poesia – o frammento – che mi sembra accompagnarsi alla nuova stagione (aprile è il mese più crudele, terra morta e desideri e tutto il resto); qualche scorcio, le onde e i corpi celesti, e i soliti piagnistei.
Già dal titolo di questo numero forse qualcuno riconoscerà l’influenza, che è esplicita, dei Trapianti di Luigi Meneghello dall’inglese al vicentino, il tentativo di “far splendere quella sgrammaticata grammatica”.
La mia idea è che ogni testo ha parti chiare e parti oscure, non soltanto in superficie, quelle visibilmente chiare e visibilmente oscure, ma in tutta la sua costituzione, per la natura della nostra mente. Secondo me, il senso di qualunque testo è intrinsecamente problematico. Cioè nessuno, neanche l’autore, sa veramente ciò che vuol dire, tutto ciò che vuol dire. […] Alla base c’è l’idea che la nostra esperienza, l’esperienza di ciascuno e ciascuna di noi contenga qualcosa di singolare, non accessibile con i normali strumenti conoscitivi. […] Le scritture letterarie che più mi interessano – al di là dell’andamento narrativo, o lirico, o raziocinante – vanno a toccare nuclei di questa specie.
Ecco come Yeats e Shakespeare e altri, trapiantati, si trovano a rimare in vicentino. Nel mio caso la lingua d’arrivo è poco lontana, ma comunque diversa, e sarebbe il veneziano di campagna che ho sentito crescendo, un prisma che raccoglie sia le velleità da centro storico (la lingua di Venezia insomma, dell’isola) del mio ramo materno, sia la lingua ben più umida e umorale del mio paese, già contaminata da alcune ombre padovane sghembe; imbarazzi dialettali, abissi, meglio guardare oltre...
Non sono per forza i poeti “più amati” (Larkin sì), ma i primi che mi venivano in mente facendo questo gioco; versi rimasti impressi studiando, oppure solennità da perculare.
Un ultimo appunto. Se per Meneghello il dialetto era la lingua vera delle cose, la ricostruzione dell’infanzia in scala naturale, per me niente di più diverso: non lo parlavo, a casa e a scuola veniva nascosto, il bambino andava salvato; qui si tratta di un omaggio alle donne della famiglia, alla loro musica corale scomparsa da anni e rimpianta e, perché no, un timido omaggio (roba da fritołe) agli amici che non mi leggono. Per scrivere toca ciavare, si deve rubare.
N.B.
x = s sonora di rosa
ł intervocalica = 1) muta oppure 2) appena accennata. Semplificando:
1) servèłi si legge servèi, quéło —> quéo, eccetera.
2) l’unica eccezione qui sotto: bała —> [ba'e̯a]
Mi sono preso alcune libertà ma ho preferito non pensarci troppo; dove ho pensato troppo mi ha salvato L.P., che ringrazio.
Ezra Pound – Canto CXVI
Came Neptunus
his mind leaping like dolfins,
These concepts the human mind has attained,
To make Cosmoss—
To achieve the possible,
[…]
I have brought the great ball of crystal,
who can lift it?
Can you enter the great acorn of light?
but the beauty is not the madness
Tho my errors and wrecks lie about me.
*
Poi xe rivà Netuno
I so servèłi
I salta come i delfini
A sti pensieri se gà petà i nostri.
De brigar el Cosmo
De far quèło che se połe.
[…]
Go’ catà na bała de véro
Chi xe bón de tirarla su?
Chi xe bón de ficarse nea gianda granda de luce?
Ma beło no xe baùco!
Anca se e me capełe e i me svołi me stómega.
Venne Nettuno la sua mente guizza
come delfini,
La mente umana questi concetti ha raggiunto.
Costruire il Cosmo--” (...)
Ho portato la grande sfera di cristallo;
chi la può sollevare?
Puoi tu penetrare la ghianda di luce?
Jorge Luis Borges – “What can I hold you with?”
I offer you lean streets, desperate sunsets, the moon of ragged suburbs.
I offer you the bitterness of a man who has looked long and long at the lonely
moon.
I offer you my ancestors, my dead men, the ghosts that living men have
honoured in marble.
*
Te dago strade incancarìe, tramonti da piànsare,
A luna de bande anca pèso.
Te dago e miserie de nomo che gà vardà imatonìo a luna remenga.
Te dago ì me veci, i me morti,
I poareti che i vivi gà imbrodà col marmo.
Ti offro strade difficili, tramonti disperati, la luna di squallide periferie.
Ti offro le amarezze di un uomo che ha guardato a lungo la triste luna.
Ti offro i miei antenati, i miei morti, i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo.
Philip Larkin – “The trees”
The trees are coming into leaf
Like something almost being said;
The recent buds relax and spread,
Their greenness is a kind of grief.
Is it that they are born again
And we grow old? No, they die too,
Their yearly trick of looking new
Is written down in rings of grain.
Yet still the unresting castles thresh
In fullgrown thickness every May.
Last year is dead, they seem to say,
Begin afresh, afresh, afresh.
*
I albari deventa foie
Come e robe dete mese
I bocołi se chieta e se verse
Verdi de spàsemo
No xé che quei nasse e rinasse
E nialtri sempre più veci? No, i assa e strasse
Anca łori, ogni ano i par novi
Un truco scrito so i anełi dei rovi.
Ma sti castełi xé sempre mossi
Ogni maggio i se fa bei grossi
L’ano vecio xé finio, i par dir
Ne toca ripartir – ripartir – ripartir.
Acceno di un discorso che ancora si ripete,
spuntano sugli alberi le foglie;
i germogli freschi s’allentano e distendono
in una verdezza simile al dolore.
Forse quelli nascono di nuovo
mentre noi invecchiamo? No muoiono anche loro.
Il trucco annuale di apparire nuovi
è scritto in fondo a venati anelli.
Eppure si dibattono, inquieti castelli
ancora grandi e folti a ogni maggio.
Morto è l’anno passato, sembrano dire,
e s’incomincia di nuovo e daccapo ancora.
Alejandra Pizarnik – “Cold in hand blues”
y qué es lo que vas a decir
voy a decir solamente algo
y qué es lo que vas a hacer
voy a ocultarme en el lenguaje
y por qué
tengo miedo
*
e cossa xé che te dirà
dirò calcosseta
e cossa xé che te farà
me scondarò in meso ae parołe
e parché
go scaga
e cos’è che dirai?
dirò solamente qualcosa
e cos’è che farai?
mi nasconderò nel linguaggio
e perché
ho paura
#1 I REALLY CRONENBERGED THE WORLD UP
Immaginate un mondo in cui i dinosauri squamosi di plastica di Jurassic Park si sono impudentemente accoppiati con i mostri da incubo di David Cronenberg e avrete un’idea di cosa aspettarvi dalle sculture di silicone, resina, oggetti di uso comune e componenti elettronici di Michele Gabriele, un artista che abbiamo già citato in passato e che seguiamo con molto interesse. In questi giorni potete visitare una mostra personale di Gabriele: “The Vernal Age of Miry Mirrors” è a Firenze, negli spazi di Manifattura Tabacchi, a ingresso libero, fino al 7 maggio 2022.
Se passate da quelle parti venerdì prossimo, il 29 aprile, troverete anche Nicolò, in un dialogo con l’artista e con Matteo Mottin e Ramona Ponzini, fondatori del progetto Treti Galaxie che cura la mostra.
#2 FESTIVAL
Con gran piacere saremo poi entrambi a Napoli, il 7 maggio, a LIBBRA, il festival delle librerie indipendenti, dove alle 19:30 chiacchieriamo di MEDUSA e meduse con Claudia Durastanti. Il festival inizia il 6 e finisce l’8, ci sono anche Veronica Raimo, Zuzu, Miguel Angel Valdivia, Giulia Caminito… Tutto il programma qui.
#3 LA TRAGEDIA
Perché non c’è una riunione di emergenza a settimana in ogni città, in ogni paese o quartiere? Perché non ammettiamo che il disastro climatico e ambientale è una diretta conseguenza dei processi di accumulazione infinita che perpetuano il capitalismo? È possibile creare un orizzonte comunista che offra una nuova alba al crepuscolo planetario?
Le persone di Not, che salutiamo cordialmente, hanno pubblicato un nuovo saggio: si chiama La tragedia della lavoratrice, l’ha scritto un collettivo che si chiama Salvage Collective. Ovvero:
Jamie Allinson, docente di Politica e Relazioni Internazionali all’Università di Edimburgo, e autore di The Age of Counter-revolution
China Miéville, autore di romanzi, racconti e saggi, critico letterario e attivista
Richard Seymour, docente alla London School of Economics e autore di numerosi saggi, collabora con New York Times, London Review of Books, Guardian, e altri
Rosie Warren, editor di Verso e caporedattrice di Salvage.
È un pamphlet, un crescendo di capitoli tematici che accerchiano il problema dell’emergenza climatica da tutti i fronti possibili: ci è sembrato un libro che – a posteriori – aiuta a trovare un senso nel nostro, sentiamo di consigliarvelo.
Esistono oltre 100 specie di pterosauro conosciute.
Gli pterosauri sono rettili volanti che abitavano il pianeta insieme ai dinosauri fra i 250 e i 66 milioni di anni fa.
Uno degli ultimi arrivati è un reperto di Tupandactylus imperator datato intorno ai 110 milioni di anni fa, che presenta “parti molli ben conservate, diversi monofilamenti e strutture tegumentarie considerate piume”.
Al momento dell’invio di questa newsletter, nell’aria danzano 421,15 ppm (parti per milione) di CO2.