TASSONI
di Nicolò Porcelluzzi. In questo numero leggerete di betulle e antimateria, di sacerdotesse e Grindhouse, di Qatar 2022 e Tsukumo 24.
Benvenuti, questo è il numero centoventiquattro di MEDUSA, una newsletter a cura di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi – in collaborazione con Not.
MEDUSA parla di cambiamenti climatici e culturali, di nuove scoperte e vecchie idee. Ogni due mercoledì.
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In questo numero leggerete di betulle e antimateria, di sacerdotesse e Grindhouse, di Qatar 2022 e Tsukumo 24.
Ogni volta che accendo un interruttore o, dio non voglia, il fornello per cucinare, mi sento osservato. Non proprio, ma qualcosa del genere; come se stessi solleticando il ventre sonnacchioso di un’enorme bestia oscena, che sarebbe questo intreccio 2022 di morti e materie prime. Invece dell’articolo lungo, o del racconto, seguirà una raccolta di frammenti, perché certe settimane è così che va nella testa, frammentata da problemi microeconomici e geopolitici e psicosomatici. Ci sono delle settimane dove, eccetto il lavoro, i raggi mentali riescono a focalizzarsi e illuminare qualcosa, altre in cui no; in quei giorni dalla nostra concentrazione dipende il destino della logistica su scala globale, il mercato dell’energia, l’arresto dei neonazisti in Campania, i misteri delle piattaforme offshore norvegesi, il buffet del G20 e la linea tratteggiata ucraino-polacca, l’inflazione a doppia cifra, una zucca costa quattro euro ma infine arriva la vocina: vai a farti una passeggiata.
Tutti Maschi ma sono alberi
Quando si scoprono i nomi degli alberi che infilano il viale sotto casa, passeggiarci accende la specifica forma di piacere del riconoscimento. Dare un nome a qualcosa significa accoglierlo nella coscienza, e Milano è piena di bagolari.
Citando Pavel Florenskij, “quando il Cristo sanò il cieco dalla nascita, questi dapprima intravide la gente tutt’attorno come sagome di alberi”. Ma erano maschi o femmine? È bello sapere come si chiamano gli alberi, sarebbe bello riconoscerne pure il sesso. Per la coscienza, ma anche per capire dove e come si diffondono le allergie più aggressive (la mia allergia è iniziata intorno alle quattro del 27 aprile 2015, in corso Alessandro Tassoni, a Torino).
Esistono piante monoiche e dioiche. Le monoiche presentano sia gli stami con il polline che il pistillo, sono ermafrodite; le piante dioiche invece si dividono in generi, ci sono gli alberi maschi (diffondono il polline, senza che nessuno l’abbia chiesto) e gli alberi femmina (fecondate, portano semi e frutti).
Tra le monoiche: larice, zucca, quercia, betulla, mais, carpino, eccetera.
Tra le dioiche: ginkgo biloba, ginepro, tutti i salici, l’alloro e l’ortica, molti tipi di gelsi, eccetera.
Thomas Leo Ogren, un autore di Scientific American, ha proposto una lettura curiosa e solida di quale fenomeno avrebbe portato all’esplosione delle allergie primaverili nel suo paese, gli Stati Uniti.
Negli ultimi decenni sono stati preferiti gli alberi maschi perché gli alberi femmina sporcano le macchine e i marciapiedi. I giardinieri selezionano quindi piante maschili, oppure clonano via talea o piantano ibridi che non portano frutto.
Osgren riassume un paio di assiomi sull’allergia: il polline è capace di volare per centinaia di chilometri, ma la maggior parte si accumula entro qualche decina di metri, sono quindi i dintorni a darci i sintomi più forti; la pollinosi viene innescata da un’overdose di allergene, non da quantità minime; per ridurre la diffusione delle allergie bisogna puntare sulla diversità di genere (o almeno non piantare le piante particolarmente allergeniche).
Gli alberi assorbono gli inquinanti nell’aria. Gli alberi maschi, attraverso il polline, rimettono in circolo parte degli stessi inquinanti: gli alberi femmine, attraverso il polline, li assorbono e nascondono nei semi. Secondo questo articolo del Sole “in Italia per i viali e i giardini si usano molte piante monoiche, cioè che portano entrambi i generi, come i tigli, i pini domestici (chiamati comunemente pini marittimi), i carpini. […] Inoltre i capitolati emanati dagli uffici tecnici dei Comuni per ordinare le alberature raramente arrivano al dettaglio di determinare il sesso delle varietà vegetali”. Seguiranno ricerche per capirne di più.
Il cubo più freddo
Il piombo forgiato duemila anni fa, nell’Impero Romano, viene utilizzato per gli esperimenti sulle particelle elementari. Nei laboratori sotterranei del Gran Sasso si tiene un esperimento che si chiama CUORE, ovvero Cryogenic Undreground Observatory for Rare Events (ovvero Osservatorio Criogenico Sotterraneo per la Fisica degli Eventi Rari) e che mira a svelare, tra le altre cose, la massa del neutrino e la natura della materia oscura.
Nel CUORE si lavora a temperature criogeniche: per rilevare “il decadimento beta doppio senza emissione di neutrini” servono temperature molto basse, tali da poter riconoscere il rilascio di energia dei cristalli osservati, e quindi il minuscolo aumento di temperatura che comporta. La temperatura di CUORE è di 10 millesimi di grado sopra lo zero assoluto: nelle parole di Carlo Bucci, a capo del progetto, nel Gran Sasso è custodito il metro cubo “più freddo dell'Universo”.
In questo cubo di gelo sono comprese le pareti in piombo che schermano l’esperimento dalla radioattività ambientale. Una delle due schermature è costituita da piombo romano recuperato all’inizio degli anni Novanta da un’imbarcazione affondata nel primo secolo Avanti Cristo dalle parti di Oristano. Furono ripescati quasi un migliaio di lingotti da 33 chilogrammi, ognuno di questi marchiato dalla matrice dei suoi proprietari. Nell’antica Roma l’argento veniva separato dal piombo, riducendo così drasticamente la parte di uranio di quest’ultimo (la frazione di piombo che rigenera 210-Pb): insomma, nell’Impero si faceva ottimo piombo, di una purezza che è tornata utile alla scienza.
Oggi nella ricerca si riutilizzano spesso metalli naufragati, di solito si tratta di materiali della Seconda Guerra Mondiale, di acciaio o piombo recuperati da navi sparse sui fondali, magari piene di corpi in cerca di un nome; sono sarcofagi preziosi, perché anticipano tutti l’alba del 16 gennaio 1945, quando nel New Mexico è esplosa la prima bomba atomica della storia.
Molto prima del test Trinity comunque, prima delle poesie di John Donne e di Robert Oppenheimer che legge
O blessed glorious Trinity,
Bones to philosophy, but milk to faith
circa duemila anni fa c’è stata una mareggiata o una svista, qualcosa di turneriano al largo delle coste sarde, ci sono stati altri morti sconosciuti e tonnellate di piombo nel mare: nove di queste tonnellate sono state fuse negli anni Novanta per scoprire perché nell’universo domina la materia invece dell’antimateria.
Occhi d’oro, braccia di ferro, e tanta sfiga
Finalmente posso aprire la cartella speciale, dove da qualche anno ormai si nascondono i miei scheletri preferiti; per occasioni di spazio, ne verrà esposto un campione parziale.
Si inizia dalla sacerdotessa. I suoi resti sono stati scoperti nel dicembre del 2006, nella Burnt City (la Città Bruciata), un insediamento nei pressi di Zabol, in Iran. Risalente a 4.800 anni fa, lo scheletro ne ha suggerito l’età, tra i venticinque e i trent’anni, e l’altezza: un metro e ottantadue, nettamente al di sopra della media del tempo. L’anomalia più interessante è però il suo occhio sinistro, composto di catrame e grasso animale. Si tratta – per ora – della più antica protesi oculare nella storia della medicina. Chi l’ha progettata aveva una discreta conoscenza dell’anatomia oculare, dal momento che la sfera presenta dei sottili capillari dorati, a mimare i vasi sanguigni dell’organo; venuzze dal diametro inferiore al mezzo millimetro (< 0,0005 m). Per indossarlo correttamente, la donna si aiutava orientandosi con i due fori presenti sui lati dell’orbita, e soprattutto grazie a un’incisione nell’area centrale, che sarebbe l’iride. Forse era una sacerdotessa, probabilmente no: ma era molto alta, e aveva un occhio d’oro.
Poi: l’uomo lama. Per chi non ha tempo: un uomo di cinquant’anni circa, millecinquecento anni fa, aveva una spada al posto del braccio. Ne stringeva il laccio con i denti, più volte al giorno. Per chi ne ha, traduco qui sotto il sommario di un paper pubblicato dal Journal of Anthropological Studies:
La necropoli longobarda di Povegliano Veronese risale al VI-VIII secolo d.C.. Individuato tra le 164 tombe scavate, lo scheletro di un uomo anziano mostra un avambraccio destro amputato e ben guarito. L'orientamento della frattura dell'avambraccio suggerisce un taglio angolato, dovuto da un singolo colpo. I motivi per cui un avambraccio poteva essere amputato sono il combattimento, l'intervento medico e la punizione giudiziaria. Noi [Ileana Micarelli, Robert Paine, Caterina Giostra, Mary Anne Tafuri, Antonio Profico, Marco Boggioni, Fabio Di Vincenzo, Danilo Massani, Andrea Papini & Giorgio Manzi] sosteniamo che la morfologia del moncone dell'avambraccio anteriore suggerisca l'utilizzo di una protesi. Inoltre, la modifica dentale di RI2 mostra una notevole usura e l'appiattimento della superficie occlusale, il che fa pensare a un uso dentale per fissare la protesi all'arto [! ndR]. Altre indicazioni su come questo individuo si è adattato alla sua condizione di amputato includono un leggero cambiamento nell'orientamento della superficie della fossa glenoidea destra e l'assottigliamento dell'osso corticale omerale destro. Si tratta di un esempio notevole di uomo anziano sopravvissuto alla perdita di un arto anteriore in epoca pre-antibiotica. Colleghiamo resti archeologici rinvenuti nella tomba (fibbia e coltello) con le evidenze biologiche per mostrare come un approccio bioarcheologico combinato può fornire un'interpretazione più chiara della storia di vita di un individuo.
Infine, la triste scoperta di J. Alyssa White e Rick Schulting, i resti scheletrici di Tsukumo 24, un cacciatore-raccoglitore morto tra atroci sofferenze.
“All’inizio eravamo sconcertati dal pensiero di cosa potesse avere causato almeno 790 ferite profonde e seghettate a quest'uomo. C'erano molte ferite, eppure T 24 era stato inumato nel luogo di sepoltura della comunità, il sito cimiteriale Tsukumo Shell-mound. Le ferite erano principalmente limitate alle braccia, alle gambe, alla parte anteriore del torace e all'addome”.
Un’antica mitragliatrice, un rituale sadico? C’è voluto un po’ per capire cos’era successo a T 24, dato che la casistica che avevano in mente i ricercatori era molto rara nel loro ambito. Per trovare conferma i due hanno contattato George Burgess, a capo del Florida Program for Shark Research, che li ha aiutati a ricostruire l’incidente: T24 è morto più di 3000 anni fa, ucciso da uno squalo tigre (o forse bianco). Probabilmente stava pescando insieme a qualcuno che è riuscito a portarlo a riva. La mano sinistra è stata tranciata, la gamba destra non è pervenuta, la sinistra è stata sepolta alla rovescia.
#OFF TOPIC: GIOCHI PERICOLOSI
Niente CUBETTI in questa MEDUSA già piena di cose. Ma prima della CABALA, una segnalazione per i milanesi: sabato 19, dalle 10 alle 17:30, in Statale, si terrà “Giochi Pericolosi”, un convegno sulle Olimpiadi 2026 Milano-Cortina organizzato dal laboratorio politico di Off Topic. Seguiamo sempre con interesse le cose che organizzano. Questa volta ci saranno quindici relatori e una tavola rotonda, contro la retorica del grande evento in epoca di crisi climatica e sociale: il programma completo lo trovate snocciolato sui loro account social o sul loro sito.
I Mondiali di calcio in Qatar dureranno 28 giorni.
Negli ultimi 15 anni le autorità del Paese hanno avviato un programma per aumentare i campi da gioco sul territorio, arrivati oggi a 144 (8 stadi e 136 campi d’allenamento).
Per gestirli e curarli ogni settimana, considerando temperature mediane che si aggirano intorno ai 30 gradi tra settembre e novembre, e intorno ai 18 tra dicembre e febbraio, si è deciso di simulare un clima più mite ricorrendo a interventi esterni forzati.
Sono state spedite, negli anni, 140.000 tonnellate di semi dagli Stati Uniti (su aerei che potessero mantenere temperature controllate) così da poter continuare a rinnovare e rizollare i terreni, pompando poi aria condizionata direttamente sui prati ogni giorno e irrigando con acqua di mare desalinizzata.
Ogni campo da gioco del Qatar, da solo, durante i Mondiali avrà bisogno di 10mila litri di acqua desalinizzata al giorno (dati raccolti da Antonio Cunazza su l’Ultimo Uomo).
Al momento dell’invio di questa newsletter, nell’aria danzano 417,53 ppm (parti per milione) di CO2
Sempre potentissime le puntate di Medusa, questa però con gli approfondimenti su alberi maschi e femmina, piombo e antimateria, uomini bionici ante litteram davvero speciale.