LITORALE
di Matteo De Giuli. In questo numero leggerete di poracci e ceviche, di onde spruzzanti e manager, di pitture rupestri e poeti foglie, di Marylin Monroe e dell’Orlando Furioso.
Benvenuti, questo è il numero centoquindici di MEDUSA, una newsletter a cura di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi – in collaborazione con Not.
MEDUSA parla di cambiamenti climatici e culturali, di nuove scoperte e vecchie idee. Ogni due mercoledì.
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In questo numero leggerete di poracci e ceviche, di onde spruzzanti e manager, di pitture rupestri e poeti foglie, di Marylin Monroe e dell’Orlando Furioso.
L'anno è il 2022. Il luogo è il litorale romano. Ma potremmo essere ovunque. Sulla spiaggia spicca un edificio bianco e spartano con la fisionomia cadente di un baracchino. È un costoso ristorante di pesce.
Lungo la linea di costa il mare si è mangiato le dune, prima al ritmo di qualche centimetro e poi con morsi di metri ogni anno. Oggi l'acqua bagna il muro esterno e i vetri della sala. Quando le onde vanno in ritirata, la battigia mostra i piloncini di cemento che tengono in piedi la struttura e che un tempo erano affossati nella sabbia. Quando le onde tornano su e si infrangono sulle mura, il ristorante somiglia a una nave pronta a salpare.
È un mercoledì caldo di fine primavera. Tre uomini in completo antracite salutano il capocameriere e si accomodano sulla terrazza al piano di sopra. Studiano velocemente il menù. Ordinano una catalana di gamberi con pomodorini gialli, moscardini in umido con olive taggiasche dop, un crudo misto gamberi-scampi-salmone, tartare di tonno con gelato all'avocado, tre sorbetti al lime con ceviche di sgombro. Tre spaghetti cozze e telline al profumo di zenzero. Un fritto misto abbondante.
Iniziano a parlare di affari.
– Non c'abbiamo un portafoglione eh
– Non c'abbiamo manco dieci miòni.
– No.
– E vabbè.
– Senti, ma a voi vi conta il nuovo regolamento o no?
– No.
– Eh no manco a me.
– Non mi cumula con quelli vecchi... L'incremento del 5 è calcolato solo sugli ultimi. Tu per fare il massimal devi fare il 9% di incremento.
– Invece agli RM conta pure quelli vecchi...
– Eh, vedi...
– Oh ma avete visto che è morto Marco Busiello. Poraccio. Gli è venuto un infarto. Manco sessant'anni.
– Poraccio.
– Lui è stato una leggenda.
– Sì.
– Era il papà di un mio compagno di scuola considera.
– Uno storico del nostro ufficio. Davvero. Che poi cambiò ufficio così, a sorpresa. Non so se ti ricordi il progetto che c'era di fare un private...
– Sì sì avoja. Ma io non l'ho mai conosciuto.
– Manco io, però mi hanno raccontato delle storie fantastiche su di lui.
– È stato amatissimo, un gran personaggio.
– Io che so' vecchio ve lo posso di'. Che ricordi, madonna... Che storie... Praticamente... Abbiamo lavorato venti anni anni insieme, no? Dal '93.... Stavamo all'ufficio Laurentina, hai presente, quello coi finestroni. Un giorno mi chiama mi dice ciao ho deciso che me ne vado a Fineco. Che grande. Un grande.
– Sì.
Il mare intanto si fa più grosso. Le onde si infrangono sulla vetrata al piano terra. Nessuno dei camerieri ci fa caso. Su in terrazza c'è un'aria umida e opprimente, appesantita da un vento caldo che adesso soffia senza tregua. L'odore balsamico della pineta porta con sé ricordi di altre epoche, quando il bosco e la palude si inseguivano fino alla spiaggia senza che ci fossero ville o caseggiati a intralciare la corsa, solo ruscelli striminziti, cannucce, giunchi, olmi ed eucalipti, ed enormi nuvole di ginepro. Per un errore della cucina gli spaghetti arrivano insieme agli antipasti. I tre fanno gesto di lasciare pure sul tavolo, che non c'è problema. Riprendono a parlare.
– Senti ma Elisabetta sta con Giacomo?
– No.
– Aaaah ecco. Perché non ce la vedevo Elisabetta con Giacomo.
– No, no...
– Meno male dai.
– Puoi stare tranquillo Giova'...
– Tua moglie non lo so.
– Ahahahah.
– Ma sai che in effetti l'ho selezionata io Elisabetta?
– Ah ecco, vedi.
– Però hai fatto bene, devo di'. A parte tutto, hai fatto bene.
– Ma quest'anno chi altro hanno promosso?
– Quest'anno hanno fatto lei, Carraro e Ciani. E le altre due donne a Gregorio VII.
– Altre due donne hanno fatto?
– Due donne.
– Una la fanno manager di sicuro, alla prossima.
– Dici?
– In questo momento se c'hai 40 anni e vuoi diventà manager ti ci fanno. Se sei donna ti ci fanno.
– Sì è così.
– Assurdo guarda.
– In questo momento... basta che sei donna e ti ci fanno.
– Sì perché devono fare l'azienda ESG, capito?
– L'altra settimana c'ho provato di nuovo a spingere per De Floris. Niente. È un peccato, perché secondo me De Floris le caratteristiche ce le ha. È giovane, è bravo. Ha l'età giusta. Ma c'ha contro la Gonzi. La Gonzi è una che è entrata con me da Montepaschi. Una rompicoglioni.
– Come qualità di vita, comunque, fa' la carriera da donna... mica male.
– Onestamente, guarda, se oggi mi chiedessero...
La frase rimane a metà. Il discorso si perde. Un cane senza padrone corre seguendo la risacca. Dalle casse dello stabilimento vicino, il beat stanco di una canzone estiva di qualche anno prima si mescola al tuono greve e sinistro del mare che invece sbatte forte contro le mura del ristorante. Mentre i camerieri portano al tavolo la frittura, si iniziano ad avvertire i primi chiari scricchiolii e poi rumori di ogni genere. I tre uomini continuano a parlare.
– Secondo me quest'anno, comunque, ci sarà uno sconvolgimento non da poco eh. Dei DM dei DR e degli AM.
– Eh Lui... Lui va giù duro me sa...
– Essì mi dà l'idea che Lui è fatto così. Alla fine è entrato con molta tranquillità. È arrivato il primo anno, tutto zitto, tranquillo, ha dato proprio solo un'aggiustatina. Invece poi in due anni ha già fatto il panico.
– Guarda Lui è una persona che devo dire mi sono trovato molto bene a livello umano proprio. Per quanto puoi conoscere un GM a livello umano, ovviamente... Io penso di averci parlato una volta, due volte al massimo. Ma a livello umano mi sono trovato benissimo.
– È vero, sì. Ci sa fare.
– Eh ma quest'anno, vedrete, ci sarà proprio il delirio.
Con un cozzo più deciso l'acqua rompe la vetrata e invade il piano terra. Nella sala, le creste di spuma delle onde ribolliscono sul pavimento. L'edificio oscilla un poco al richiamo della corrente, poi le fondamenta fradice finalmente cedono e il ristorante inizia a galleggiare. Va via libero tra i flutti. Gli uomini sulla terrazza non si spaventano per il dondolio. I camerieri sparecchiano il tavolo. Squilla un telefono.
– Dottore buongiorno. Ma si figuri sono molto felice di sentirla. Certo. Certo. Volentieri. Se ha qualche minuto allora le spiego. Intanto... No, no, mi dica lei, sì, mi scusi. Mi dica, mi dica, mi scusi. Diversificare, certo. Beh guardi dottore per le strategie abbiamo il nostro team di specialist. Certo. Ma lei capisce, se abbiamo a che fare con prodotti multi-asset... Ecco, l'ha detto lei dottore. Esatto. Beh le allocation le prendiamo noi ma le securities le deleghiamo a PM e strategist. Esatto... Esatto, riassunto perfetto. Certo, ma consideri una cosa... Ah no, certo. Questa è un'altra questione. Il green è tutta un'altra cosa. Sì filosofia energy transition. Beh è un fondo tematico molto richiesto oggi. Esatto. Versione long only e versione protetta. Tracking error al 5. Certo. Esatto. Esatto. Certo. È informatissimo, avvocato. Complimenti. Allora siamo d'accordo. Certo, ci pensi su. Ci aggiorniamo, mi scriva quando vuole. Arrivederci avvocato. Ci risentiamo.
– Ma era il dottore o l'avvocato?
– Miretti.
– Avvocato allora.
– Gli ho detto dottore?
La terrazza pencolante viaggia verso il mare aperto. Supera le onde più violente e si allontana dalla costa. Senza terrore né commiserazione i tre uomini ordinano il caffè. Al largo non tira un alito di vento. L’acqua è placida, ha l'aspetto semplice di una infinita lastra turchina.
Come ogni estate ci piace parlarvi di libri che abbiamo letto e che magari c’entrano qualcosa con quello che facciamo. Ne arriveranno altri nei prossimi numeri.
#1 Gwenn Rigal – Il tempo sacro delle caverne
Quando parliamo di tempo profondo proviamo a immaginare gli abissi dei milioni di anni, la distanza che ci separa dai brodini primordiali, dalle magnolie, dagli ultimi dinosauri, eccetera: ma è sufficiente fermarci alla cronistoria dei fatti di Homo sapiens per trovarsi di fronte a una serie di prove sconvolgenti. Prima di arrivare al centro del suo discorso, cioè la rete di congetture teoriche intorno alle pitture rupestri e all’arte paleolitica, Gwenn Rigal (che ha fatto la guida per quindici anni nella grotta di Lascaux) scrive quasi un centinaio di pagine di introduzione al tema. Si scopre per esempio che già quaranta, trentamila anni fa l’Eurasia era esplorata da comunità forse più complesse di quanto si possa pensare.
Altri indizi di differenziazione sociale si riscontrano nelle pratiche funerarie. L’inumazione era un’usanza rara nel Paleolitico superiore, e a quanto pare riguardava solo un ristretto numero di persone. Nell’ambito di tale pratica, già di per sé discriminante, alcune tombe hanno restituito arredi di una ricchezza eccezionale, mentre altre non ne avevano alcuno. La spiegazione potrebbe risiedere nello speciale status conferito a certi defunti. Ad esempio, i due bambini di Sungir (Russia), di dieci e dodici anni, furono sepolti insieme a lance e giavellotti in avorio di mammut, bracciali, anelli, diademi e dischi d’avorio, pugnali, bastoni forati e centinaia di canini di volpe perforati. Abbiamo già visto che i loro costumi erano adorni di migliaia di perle. Al ritmo di circa un’ora per ogni perla, lo studioso Randall White ha stimato in diecimila ore di lavoro il tempo necessario per decorare questi indumenti.
Alcuni aspetti della vita quotidiana meritavano ore di fatica, altri no, secondo logiche che ci sembrano impenetrabili. Nascoste dalla sobrietà della ricostruzione e dall’impianto scientifico del testo, dalle pagine di Rigal affiorano continue possibilità poetiche, curiosità archeologiche. Le invenzioni virtuali, per esempio: possibilità tecniche sottosfruttate per ragioni culturali… ma ci fermiamo qui, ne scriveremo nelle prossime settimane. Per non parlare di quello che resta di un universo musicale parallelo al nostro:
Le stalattiti, che sono naturalmente cave, risuonano di suoni cristallini quando vengono percosse, e questo ha indotto diversi ricercatori a suggerire l’ipotesi che fossero adoperate come litofoni La stessa ipotesi è stata avanzata anche per le cortine stalagmitiche particolarmente sonore di Le Portel (Ariège), Cosquer (Bouches-du-Rhône) e di molte grotte cantabriche, come Tito Bustillo e La Pasiega. Ma Cro-Magnon ci ha tramandato anche qualche strumento vero e proprio. In primo luogo, un oggetto ovaloide in corno di renna, rinvenuto nel 1928 nella grotta di Lalinde (Dordogna), è stato interpretato dagli etnologi come un rombo. Attaccato a una corda, produce un forte ronzio se viene fatto roteare.
Ci sono costanti della vita umana che sembrano apparentemente immutabili; il nostro sguardo deve farsi attento, evitare di cadere nelle trappole della prospettiva. Eppure, il rapporto con i cuccioli della nostra specie, sembra respirare qualcosa di eterno. Si legge di tracce infantili accanto a quelle di adulti, di bambini sollevati portati sulle spalle, come si fa oggi, sollevati per raggiungere le pareti più alte e per poterle marchiare come i grandi. Si sa molto poco del perché di tutto questo. Il tempo sacro delle caverne come ogni buon saggio abitua all’abbandono di ogni certezza, pregiudizio, teoria unificante. Si distingue per un rigore che non trascura però certe rifrazioni oniriche, certi dettagli apparentemente accennati.
Nella grotta di Parpalló, sulla costa mediterranea spagnola, più di cinquemila placchette calcaree incise e talora dipinte sono state rinvenute in livelli che vanno dal Gravettiano (32 000 BP) al Magdaleniano superiore (13 000 BP). Per quasi venti millenni gli uomini preistorici sono dunque ritornati a Parpalló per compiere lo stesso gesto costantemente rinnovato; ciò ha indotto gli studiosi a considerare queste placchette come depositi votivi.
#2 La Buoncostume – Furioso. L’ultimo canto
Non ci sono tante cose che si possono fare di fronte ai classici. Evitare di leggerli forse è la più triste tra tutte, anche se ha il pregio di deviare l’angoscia dell’influenza, il corpo a corpo con la violenza della tradizione, l’impassibilità del canone… Delle poche cose che si possono fare, forse la più pazza e amorevole è rilanciare la voce del classico lì dove si era fermato, crederci quanto chi l’ha tirato fuori dal nulla mezzo millennio fa.
Sapevamo che da qualche anno le teste della Buoncostume, un collettivo di scrittori e autori (Simone Laudiero, Carlo Bassetti, Fabrizio Luisi, Pier Mauro Tamburini), si stava scervellando nella scrittura di un pazzo sequel dell’Orlando Furioso. È uscito a fine maggio, si chiama Furioso. L’ultimo canto, e ci è piaciuto molto.
Una spirale con al centro Rinaldo, circondato da ragazzi e ragazze che gli baciavano le ginocchia, le gambe muscolose e i piedi, il fodero della spada. Aveva il corpo scintillante e disseminato di mille solchi pallidi, cicatrici di altrettante battaglie, tra cui spiccava la fasciatura nel punto in cui l'Idra lo aveva artigliato. Proprio in quel momento appoggiò una mano sugli occhi di una delle ragazze e la fece scorrere verso il mento, fino a poggiarle le dita sulla bocca. La luce delle candele fece brillare un cerchietto d'oro intorno al mignolo del re, un attimo prima che la ragazza lo avvolgesse con le labbra. Quando ebbe l'intero anello magico nella bocca, la ragazza divenne invisibile, scomparendo alla vista. Con l'altra mano Rinaldo afferrò qualcosa nell'aria, dove fino a poco prima si trovava il fianco di lei, e spinse in su con il bacino, due, tre volte. Gli altri ragazzi gli si avvolsero intorno come spire di un serpente, attirati dal membro eretto che pulsava nel corpo invisibile della fortunata prescelta.
Rinaldo e gli altri paladini, rimasti orfani di Carlo, tra un’ammazzata e l’altra si danno alle nefandezze più varie. Negli anni cresce la fronda dei ribelli, fino all’esasperazione. Orlando intanto è impazzito per l’amore degli altri due, Angelica e Medoro, scritto sulle cortecce; ed è negli alberi il futuro di un mondo a pezzi, scheggiato e rifratto come la grotta infernale del Duello con Satana, dove le trappole non funzionano e i cavalieri senz’anima sacrificano la vita. Ecco un pezzetto d’inferno:
«Cosa c'è là sopra?» domandò alla fine, esasperato.
«Un labirinto fatto di angoli strettissimi» rispose il diavolo con la voce piena di orgoglio. «Spigoli collocati a ogni altezza e in ogni direzione, che ogni giorno cambiano di posto. Nel buio i dannati vi vagano per l'eternità, alla cieca, e a ogni passo urtano un dito, la fronte, il naso, un occhio, un ginocchio, un gomito.»
A Calvano non parve terribile come rotolare legato a una palla di sterco, ma si guardò dal dirlo. Continuò a camminare, sforzandosi di ignorare il coro di dolore che pioveva dall'alto, e presto perse la cognizione dello spazio e del tempo, come se l'inferno fosse solo una macchia di tenebra sospesa tra la coda di un diavolo e l'affanno di un gigante.
Questo assurdo sequel è un libro che esplode di idee. I palazzi che fluttuano sono anche le nostre astronavi, i continui duelli sono anche videogiochi, le muffe parlano come assistenti vocali, il pianeta che ci soffre e che farebbe volentieri a meno di noi è il nostro. Il classico vive.
Il tempo delle radici era diverso dal tempo degli animali, come da quello delle rocce o delle nuvole. Ne passò molto, forse troppo, prima che Castalia si rendesse conto che il messaggio era diretto proprio a lei, o meglio alla bambina addormentata nella sua chioma. La driade non ebbe dubbi sul motivo e non ebbe esitazioni: che altro poteva fare? Tenendosi al sicuro sotto la superficie, cominciò a viaggiare.
#3 Goffredo Parise – Quando la fantasia ballava il «boogie»
C’è qualcosa di Parise che continua a sfuggire, sarà così per sempre, fino a quando non lo leggerà nessuno. Aveva bisogno di gente intorno, soprattutto di vecchi amici e mentori, ma ha passato tanti anni in ritiro, nella sua casa di campagna veneta. Ha scritto un romanzo a vent’anni tenuto insieme da una visione poetica che nessuno si spiega, già perfettamente compiuta; è come se avesse passato gli anni a complicarsi la vita, per poi lasciare I sillabari prima di morire, ritrovando la poesia ma ancora più semplice, dopo averla levigata in una vita piena.
Quando la fantasia ballava il boogie è una raccolta di saggi, articoli, giudizi critici che spaziano dall’arte contemporanea alla musica. Nel libro vengono raccontati anche degli incontri: un ballo a New York con Marylin Monroe, i giri in spider con Gadda attaccato al freno a mano… Questo qui sotto è un estratto dal ricordo di Montale.
Lo vidi in maggio: capii subito che era per l'ultima volta. Era come rimpicciolito, un fazzoletto di lino appallottolato in un angolo, senza dentiera, si lagnava che questa gli procurava dei dolori tremendi: ma l'occhio perlaceo era quello di sempre, unico, ironico, irresistibile. Ancora fumava. A un certo punto quell'occhio si fece serio e aggressivo e con stupore immenso dell'amico che mi accompagna, Enrico Perroni, mi chiese, dopo una pausa: «Ma tu, credi proprio che io sia un poeta?». L'aggressività della domanda mi imbarazzò. Senza inutili piaggerie risposi: « Che tu sia o no un poeta non posso dire, posso però affermare con certezza che sei un artista».
Borbottò: «Mah, non lo so...».
Passò qualche tempo, la Gina portò due caffè, De Pisis e De Chirico ci illuminavano dalle pareti (il beccaccino e le muse), si scherzò e si rise come sempre, poi altra domanda bruciapelo: «E tu credi che esista… l’aldilà?». Risposi di no, egli sembrò riflettere profondamente e disse come tra sé: «Forse diventi una foglia».
A Ponte di Piave, nella sua ultima casa, si può vedere anche il suo armadio. C’è anche la tessera per lo skilift.
I denti di 2 donne sepolte nell'attuale Kirghizistan hanno fornito prove genomiche di quello che potrebbe essere il ceppo ancestrale del batterio responsabile della pandemia di peste del XIV secolo.
Conosciuta come la peste nera, si stima che uccise circa 20 milioni di persone.
Ovvero tra il 30 e il 60 per cento della popolazione europea. Nel giro di pochi anni.
Al momento dell’invio di questa newsletter, nell’aria danzano 420,42 ppm (parti per milione) di CO2.