GATTACUSTICO
di MEDUSA. In questo numero leggerete di addestratrici e circuiti sottocutanei, di servizi segreti e sevizie segrete, di uccelli e torri gemelle.
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In questo numero leggerete di addestratrici e circuiti sottocutanei, di servizi segreti e sevizie segrete, di uccelli e torri gemelle.
Girano dei video di gatti addestrati, contro ogni aspettativa popolare. Di solito sono le esibizioni delle domatrici Savitsky, madre e figlia, diventate famose grazie a un passaggio di America’s Got Talent.
Alcuni degli esercizi, più che volteggi leggiadri e divertiti, sembrano solo sgobbate: se appendi un gatto a due pertiche parallele, in qualche modo dovrà pur uscirne. Curioso che negli stessi tempi in cui dopo secoli e secoli i circhi di mezzo mondo cancellano gli spettacoli con animali, in un programma di prima serata vengano esibiti dei gatti pagliacci senza nessun problema: meno strano che il pubblico vada in delirio. Eppure c’è qualcosa in quello sguardo di gatto, quegli occhi smarriti…
Tanta critica gaddiana si è soffermata su una certa pagina della Cognizione del dolore di Gadda, dove il protagonista Gonzalo lascia cadere dal secondo piano un bel gatto, apposta e senza sosta, a più riprese:
Avendogli un dottore ebreo, nel legger matematiche a Pastrufazio, e col sussidio del calcolo, dimostrato come pervenga il gatto (di qualunque doccia cadendo) ad arrivar sanissimo al suolo in sulle quattro zampe, che è una meravigliosa applicazione ginnica del teorema dell’impulso, egli precipitò più volte un bel gatto dal secondo piano della villa, fatto curioso di sperimentare il teorema. E la povera bestiola, atterrando, gli diè infatti la desiderata conferma, ogni volta, ogni volta! come un pensiero che, traverso fortune, non intermetta dall’essere eterno; ma, in quanto gatto, poco dopo morì, con occhi velati d’una irrevocabile tristezza, immalinconito da quell’oltraggio. Poiché ogni oltraggio è morte.
Pasolini: “in realtà non è il gattino, ma il Gaddino, o il Gaddone, che viene defenestrato”; con occhi velati d’una irrevocabile tristezza, immalinconito da quell’oltraggio. In un saggio su Dostoevskij, Gadda suggerisce che il gatto attira le curiosità sadiche forse perché sadico il gatto stesso con i topi, crudelissimo, malizioso. Ma fino a dove può spingersi la cattiveria di un animale? Qual è la sua idea di male e di bene?
Nel mondo animale esistono altre specie, oltre all’uomo, “capaci di omicidio, infanticidio e violenza all’interno di una comunità”, come scrive Carl Safina nel suo ultimo libro, Animali non Umani. Per esempio: “La violenza all’interno della comunità è una peculiarità definitoria della vita degli scimpanzé: un’eccentricità condivisa dagli esseri umani”. Nel nostro libro citavamo però proprio Safina, questa volta dal suo Al di là delle parole, quando parlavamo di intelligenza animale: “come nessun elefante piloterà mai un aereo di linea, nessun elefante lo farà mai schiantare sul World Trade Center”. E cioè: a distinguerci dagli altri animali, è la nostra irrazionalità e non il contrario. Siamo primati spinti dalla stravaganza e dall’invisibile.
Negli anni Sessanta il Directorate of Science and Technology dell’FBI ha investito milioni di dollari (online si trova anche una stima del tutto inaffidabile: 20) in un progetto battezzato "Acoustic Kitty”, gattino acustico. L’idea era impiantare in un gatto dei dispositivi di registrazione per trasformarlo in una ricetrasmittente. Forse l’ispirazione venne dai gatti-razzo ritratti in un noto manuale del sedicesimo secolo, che illustrava l’antica tattica di guerra di legare piccole bombe incendiarie ai gatti di una città assediata per portare il fuoco dentro le mura. Ad ogni modo l’idea dell’FBI venne messa in pratica, il gatto portato di fronte a un’ambasciata a Washington e diretto verso una panchina: appena uscito dal furgone, venne investito da un taxi.
Questo epilogo, riportato da Victor Marchetti, ex spia (è stato, per un anno, l’assistente speciale del vice direttore della CIA), sionista e scrittore megalomane, complottista platonico, non è credibile. La versione di Robert Wallace però (ex direttore dell'Office of Technical Service della CIA), più realistica, sarebbe supportata da alcuni dossier desecretati grazie al FOIA, il Freedom of Information Act.
Dice Wallace che il progetto è stato abbandonato perché addestrare il gatto alle richieste degli studiosi era troppo difficile, e che i dispositivi sono stati estratti dal gatto attraverso un’altra operazione chirurgica: e che il gatto, privo di microfoni e antenna, ha vissuto “una vita lunga e felice”.
Il progetto venne cancellato nel 1967. Nella nota ufficiale, tra le altre cose, si legge che “i fattori ambientali e di sicurezza nell'utilizzo di questa tecnica in una situazione non simulata in paese straniero ci costringono a concludere che per i nostri scopi (di intelligence) non sarebbe pratica”.
Resta una coincidenza però, Victor Marchetti ci avrebbe scritto volentieri un libro sopra. La notizia del gatto-ricetrasmittente è diventata di dominio pubblico più di trentanni dopo, insieme ad altri progetti forse più noti (l’MK Ultra per esempio, poi tradotto in Stranger Things, L’uomo che fissa le capre, e tanto altro materiale pop). I documenti sono stati pubblicati in un giorno di fine estate e subito captati dalla redazione del Guardian, in un articolo che attacca con queste parole:
Nell’immaginario collettivo la CIA è un’organizzazione tecnologicamente avanzata: spie laureate in fisica nucleare che maneggiano attrezzature all'avanguardia che gli permettono di guardare negli angoli più remoti e oscuri del territorio nemico. È un immaginario che non nasce per caso. È stato promosso da Hollywood proprio per rassicurare gli americani che la loro sicurezza era nelle mani più abili al mondo, e per intimorire i potenziali nemici attraverso la presunta invincibilità dell'agenzia.
Qualche ora dopo succedeva l’11 settembre.
#1 A PROPOSITO DI SERVIZI SEGRETI
In queste settimane è tornato ad accendersi il dibattito intorno alla vera origine di Sars-Cov2, quel virus che ha iniziato a girare anni fa, alcuni di voi ne avranno sentito parlare. Il dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti ha pubblicato infatti un report in cui viene (di nuovo) sposata l’ipotesi della pandemia proveniente da una perdita in un laboratorio cinese. Anche l’FBI ne ne sembra convinta. Le altre agenzie statunitensi e molti scienziati continuano invece a non essere dello stesso parere. È un dibattito importante, complesso e stratificato: si intrecciano strategie geopolitiche, dubbi epistemologici, dilemmi giornalistici. Qui un riassunto fatto dal Post del pezzo che ha pubblicato a riguardo il New York Times (il quotidiano più ricco e influente del pianeta, la voce della coscienza degli Stati Uniti, eccetera):
L’origine della pandemia da coronavirus è discussa ormai da tempo e secondo gli esperti comprenderla meglio potrebbe offrire nuove risorse per fare prevenzione, in modo da evitare che si ripeta in futuro la rapida diffusione di una nuova malattia, che causi milioni di morti (COVID-19 ne ha comportati finora circa 7 milioni solo considerando i dati ufficiali). Poco dopo essersi insediato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva chiesto alle varie agenzie di intelligence statunitensi di indagare sull’origine del coronavirus non ritenendo sufficienti i rapporti dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in tema.
L’OMS all’inizio del 2021 aveva definito «estremamente improbabile» un’origine del coronavirus dovuta a un errore in un laboratorio. L’indagine era stata però svolta sotto uno stretto controllo da parte delle autorità cinesi e di conseguenza non era ritenuta soddisfacente dagli Stati Uniti. Le successive analisi condotte dalle varie agenzie di intelligence statunitensi non avevano comunque portato a risultati convincenti, con conclusioni divergenti a seconda delle agenzie coinvolte.
Ora le stesse agenzie sono scettiche sulle conclusioni del dipartimento dell’Energia, come hanno spiegato alcune fonti consultate dal New York Times. Ritengono che le valutazioni siano deboli e che ci si sia arrivati con «poca convinzione». Il dipartimento ha condiviso vari dettagli con le agenzie di intelligence, ma nessuna di queste ha cambiato le proprie conclusioni a ulteriore indicazione della scarsa considerazione verso la nuova indagine, sulla quale per ora non sono stati diffusi pubblicamente dettagli.
In precedenza anche l’FBI aveva concluso che il virus potesse essere emerso da un errore di qualche tipo presso l’Istituto di virologia di Wuhan, la città cinese da cui sarebbe poi iniziata la pandemia. Le altre quattro principali agenzie di intelligence degli Stati Uniti avevano invece concluso che il virus avesse avuto un’origine naturale, seppure segnalando di essere arrivati a questa valutazione con poca certezza. Le indagini e le ricostruzioni erano state condotte soprattutto nel 2021 e da allora le divergenze nelle valutazioni continuano a essere presenti. L’argomento sarà probabilmente affrontato all’inizio di marzo dal Congresso degli Stati Uniti nell’ambito della serie annuale di audizioni cui partecipa l’intelligence statunitense.
Il governo cinese ha sempre respinto le ipotesi su eventuali perdite accidentali da uno dei propri laboratori, che avrebbero poi portato il coronavirus a diffondersi tra la popolazione. Secondo la Cina affermazioni sull’origine in laboratorio del virus sono prive di evidenze scientifiche e vengono sfruttate esclusivamente a fini politici, per mettere in cattiva luce il paese in ambito internazionale. Le autorità cinesi non hanno però sempre permesso l’accesso ai luoghi dove si verificarono i primi contagi, complicando le già difficili attività di indagine sulle cause della pandemia.
Ecco tutto. Non possiamo sapere (ancora?) cos’è successo davvero, e la sensazione è che almeno in parte gli Stati Uniti stiano approfittando, in questo momento, con astuzia, di questa ambiguità inestricabile. Paradossalmente però, il dibattito sull’origine di questo virus non cambia le carte in tavola per il futuro: rimangono la pericolosità e l’alta probabilità di un prossimo spillover. Come scrivevamo nel libro, “il salto di specie del virus, come ci ripetevano da tempo gli scienziati, era nell’ordine delle possibilità: il contatto era quasi inevitabile, e favorito dalla saturazione umana (dalla scomparsa di troppi habitat naturali, dalla caccia degli animali selvatici, dalla deforestazione, l’urbanizzazione, la cattiva gestione di molti allevamenti intensivi)”. Non ci sembra che le cose siano cambiate molto, nel frattempo.
#2 E A PROPOSITO DI LABORATORI INVECE
“Si è soliti dividere in due periodi la riflessione teorica di Latour: una prima fase da sociologo costruttivista interessato all’osservazione empirica delle pratiche scientifiche, e una seconda da intellettuale pubblico, più filosofo che scienziato sociale, coinvolto nei dibattiti sulla modernità, il riscaldamento globale e l’Antropocene. Tra i critici c’è chi, non del tutto a torto, ha colto un evidente paradosso tra il materialismo radicale della prima fase e l’idealismo astratto, utopico e dalle tinte spesso profetiche della seconda. A detta di Latour si tratta soltanto un’illusione ottica”. Oggi sul Tascabile esce un lungo ricordo di Bruno Latour firmato da Alessio Giacometti. È una perfetta introduzione al pensiero, alle opere, alle polemiche “del filosofo idealista, del sociologo materialista, dell’antropologo della scienza poliedrico e inclassificabile”. Latour è stato una delle letture che ci ha convinto ad aprire MEDUSA. È morto lo scorso ottobre a Parigi.
Un esemplare di pittima reale ha volato per 13.560 km battendo di circa 500 km il record mondiale di volo non-stop per un uccello.
Il suo viaggio è iniziato il 13 ottobre, dalle zone umide del Delta dello Yukon Kuskokwim in Alaska, e si è concluso il 24 ottobre in Tasmania.
Al momento dell’invio di questa newsletter, nell’aria danzano 421,32 ppm (parti per milione) di CO2