FERRO
di MEDUSA. In questo numero leggerete di piscine e fornaci, di albe e utopie, di attivisti e antropologi, di YouTube e NFT, ghisa e droni, Amazzonia e Le Guin.
Benvenuti, questo ĆØ il numero centosedici di MEDUSA,Ā una newsletter a cura di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi ā in collaborazione con Not.Ā
MEDUSA parla di cambiamenti climatici e culturali, di nuove scoperte e vecchie idee. Ogni due mercoledƬ.
Quello che scriviamo su MEDUSA ĆØ gratuito per tutti. Se ti piace quello che facciamo, però, si possono donare 5⬠al mese. Oppure 30⬠lāanno (e quindi 2,5⬠al mese). Oppure si può fare unāofferta libera annuale. Chi si abbona scegliendo una di queste opzioni, riceverĆ ogni tanto anche dei numeri extra, racconti, post o qualche esperimento pazzo. Se siete giĆ iscritti, potete aggiornare il vostro abbonamento qui:
Per tutto il resto, la nostra homepage ĆØ medusanewsletter.substack.com
MEDUSA newsletter ĆØ divisa in tre parti: un articolo inedito e due rubriche ā i link e i frammenti dei CUBETTI, e i numeri della CABALA. Per il resto, se volete scriverciĀ potete rispondere direttamente a questa email o segnarvi il nostro indirizzo:Ā medusa.reply@gmail.com. Siamo anche su Instagram.
In questo numero leggerete di piscine e fornaci, di albe e utopie, di attivisti e antropologi, di YouTube e NFT, ghisa e droni, Amazzonia e Le Guin.
Ć un peccato che nel loro Lāalba di tutto, David Graeber e David Wengrow non abbiano dato spazio allāetĆ del Ferro euroasiatica, perchĆ© mi avrebbero aiutato a capire tutte le sfumature del mio video preferito su YouTube.Ā
Ci arrivo presto, intanto due parole sul loro lavoro. I due ricercatori hanno provato a ribaltare molti dei preconcetti che a quanto pare gravano ancora sul racconto dei millenni precedenti alla nascita della storia, i millenni delle ultime ramificazioni neolitiche, a cavallo della cosiddetta rivoluzione agricola. Si trattava di societĆ che davano peso allāuguaglianza sociale? Alla pace, alla cooperazione? SocietĆ che preferivano lāavventura della caccia o il ritmo dei campi?Ā
La visione di Graeber e Wengrow prevede una dissacrazione delle certezze che per molti risalgono ai tempi della scuola dellāobbligo, un bivio riduzionista che riconducono al confronto tra il buon selvaggio rousseiano (corrotto dalla gerarchia sociale portata dallāagricoltura) e il leviatano hobbesiano (cioĆØ lo Stato che emerge per proteggerci dalla nostra Natura, crudele e sadica). Due filosofie politiche che inquadrano la disuguaglianza sociale come ātragica necessitĆ ā. Lāobiettivo (ambizioso) del loro saggio ĆØ sottolineare il ruolo decisivo ā che hanno ricoperto nella storia e che possono ancora ricoprire ā delle strutture politiche collettive decentrate e anti-verticistiche.
I miti della mezzaluna fertile e lāepica dellāagricoltura sono tra le fondamenta delle nostre nozioni sul mondo, addirittura la base di una certa teleologia implicita, perchĆ© siamo qui, dove andiamo. Nella nostra preistoria, che ĆØ fatta di fatti quanto la storia, la schiavitù ĆØ scomparsa e ricomparsa a cicli, scrivono Graeber e Wengrow, cosƬ come la guerra: non cāĆØ una linea del tempo lungo la quale si procede verso un presunto progresso, anzi, anche oggi continuiamo a mescolare e rimescolare errori (genocidi e sfruttamenti) e scoperte (antibiotici e diritti). Il tentativo dellāAlba di tutto ĆØ ricordare che lāavventura dellāuomo non ĆØ solo un mare di violenza patriarcale e ingiustizie sadiche e che le realtĆ sociali storicamente comunitarie e pacifiche (āla Creta minoica o la cultura Hopewellā) non possono essere relegate, solo perchĆ© ex post, a delle felici eccezioni.
Sintetizzando millenni di preistoria a noi invisibile e secoli di dibattito furioso: Homo sapiens nel tempo ha abitato ambienti naturali molto diversi tra loro, sviluppando forme sociali altrettanto diverse, per ragioni tanto di contesto quanto culturali: ānon esiste una forma originaria di societĆ umanaā. Cercarne una e modellarla rientra nelle ambizioni del mito, un bisogno primario che ci accompagna in tutte le epoche, come lo spreco artistico. Alcuni miti però sono più equi di altri, più pacifici, più femministi: lƬ possiamo trovare, e mi sembra questo lāobiettivo del saggio, nuove forme di speranza.Ā
Lodevole dellāAlba di tutto non ĆØ tanto la ricerca spasmodica di nuovi dati o reperti da manipolare, quanto la costruzione di un nuovo punto di vista, una nuova strategia dellāattenzione. Come scrivono gli autori stessi, la volontĆ di concentrarsi āsui cinquemila anni in cui la domesticazione dei cereali non sfociò nella comparsa delle aristocrazie viziate, degli eserciti regolari e del peonaggio, anzichĆ© solo sui cinquemila in cui lo feceā; oppure concentrarsi su ācosa sarebbe accaduto se avessimo trattato il rifiuto della vita urbana o della schiavitù, in determinati luoghi e momenti, come se fosse importante quanto lāavvento di quegli stessi fenomeni in altri luoghi e momentiā.
Il ferro
Fatte queste premesse, passiamo a un reperto molto occidentale e molto maschile: lāultimo video di Primitive Technology, un canale YouTube di cui ho scritto anche nel libro MEDUSA, recuperando appunti presi qualche anno prima:
Il nostro rapporto con il paesaggio e il selvatico, soprattutto per chi vive in cittĆ , oggi ĆØ più che mai lontano da unāidea Ā«primitivistaĀ»; ĆØ un rapporto cosƬ surreale e contraddittorio da sviluppare strani fenomeni mediatici, esperienze curiose. Un esempio in questa direzione ĆØ Primitive Technology, un canale YouTube scritto, girato e montato da un uomo in calzoni che non parla mai, non ride, non piange, lavora soltanto; costruisce capanne, tegole, trappole per granchi, sandali, martelli idraulici, ricorrendo a materiali reperibili esclusivamente nella foresta pluviale del Queensland. I calzoni che indossa e la telecamera che riprende la scena sono gli unici strumenti assemblati grazie a processi non riconducibili al Mesolitico. Lāunico paesaggio sonoro ammesso nei video ĆØ il rumore verde della foresta, un torrente lontano, il vento tra i rami, il frinire di animali ignoti. Il montaggio ĆØ asciutto e funzionale. Se Primitive Technology ha una morale, ĆØ quella di mostrare come siamo sopravvissuti al caos, ai più diversi aspetti fisiognomici del paesaggio; non saremmo mai esistiti, noi sacchi di carne afflosciata di fronte al monitor, senza sfregare rametti per millenni, senza bruciarci le mani. Primitive Technology ha incontrato un successo clamoroso. Tanto da far scaturire la nascita di decine di epigoni, con risultati parossistici, di documentari che vorrebbero riportarci allāarmonia con la natura, ma che ricorrono tra una ripresa e lāaltra a scavatori industriali per costruire assurde biopiscine sotterranee.
A differenza di chi prova a replicarne il delicato equilibrio, i video di Primitive Technology portano a speculazioni pure su arcani antropologici, come lo sviluppo della biomimesi, cioĆØ quellāinsieme di ricerche scientifiche, per lo più in campo robotico, che mirano a riprodurre tecnologicamente i processi e le dinamiche della natura. In uno dei video di Primitive Technology, per esempio, viene costruito un mantice, passo per passo, migliorando per gradi, tentativi: ĆØ un pieno che nasce dal vuoto, e le forme che non ha potuto assumere ā in qualche modo ā sembrano comunque parte di lui. Chi āha deciso le sue linee, quale matematica? Per un istante nel design di un mantice ho visto unirsi natura e cultura, senza attrito.
Oggi le cose sono cambiate. CāĆØ la siccitĆ (ancora di più), gli NFT di Madonna, cāĆØ Di Maio ministro degli Esteri e il cryptocrash, i fascisti primi nei sondaggi che tuonano contro āla finanza internazionaleā, lāespulsione di Marco Rizzo dal Comunismo e dellāItalia dai Mondiali, le varianti sudafricane eccetera; eppure, John Plant, con i suoi bermuda, continua ad avventurarsi nel bush australiano per portare avanti il suo esperimento di civilizzazione.Ā
Dopo anni, John Plant ha raggiunto lāEtĆ del Ferro. La lavorazione, allāapparenza, ĆØ semplice: Plant ĆØ partito raccogliendo nei suoi bacili dāargilla i minerali di ferro che si trovano disciolti nel torrente vicino alla sua capanna, una soluzione che si trova in tanti corsi dāacqua in giro per il mondo. Una volta lasciato essiccare, il fango ferroso ĆØ stato cotto in una fornace piena di carbonella. Non serve aggiungere che carbone e fornace sono ideati e prodotti dalle mani di Plant. Le particelle di ferro si sono allora incastonate nei pezzi di carbone, andando a formare delle sferule metalliche, diligentemente sgranate dai carboni e raccolte in un recipiente.
Tornato alla fornace, Plant ha riversato le sferule in uno stampo inciso su argilla che ha poi piazzato alla base del piano di cottura; aiutandosi con un mantice, ha portato a fusione le sfere (che per la precisione sono di ghisa, che fonde circa a 1150C°; la differenza tra ghisa e acciaio ĆØ la presenza di carbonio: sotto il 2%, ĆØ acciaio). Ecco il risultato:Ā
Una lama, lāetĆ del ferro. Ogni societĆ e ogni tempo vive i suoi miti, e sicuramente non va sottovalutato quanto del fascino di Primitive Technology possa essere ricondotto a questa perversione civilizzatrice, appunto una tecnologia testa dāariete che porta a più cose, a cose meglio, a una continua espansione. Ma forse tra i suoi ammiratori siamo anche in tanti a divertirci come se quello di John Plant fosse soltanto un bellissimo gioco di ruolo.Ā
Le rovine della preistoria
CāĆØ unāulteriore appendice che bisogna aggiungere a questa storia: perchĆ©, come scrivevo giĆ nel libro, il successo di Primitive Technology ha portato negli ultimi anni a una serie di epigoni, altri ācreatorā che sono riusciti a copiare il formato, distorcendolo però molto e tradendo la filosofia di Plant e il suo rigore filologico. Una proliferazione di canali YouTube āprimitiveā e āsurvivalā che sono riusciti a diventare ben più virali di PT e nei quali una serie di uomini seminudi e operosi costruiscono, dal nulla, solitamente nelle foreste cambogiane (ma anche in Vietnam e in Thailandia), ācase da sognoā con tetti in paglia e piscine cristalline, arredamenti scheumorfici dove letti di fango vengono completati da testiere e pomelli di fango, scale a chiocciola inutili e altre pacchianate assortite, con unāestetica grossolana che ricorda quella di Gardaland o dei palazzi di Donald Trump. Anche a un occhio poco sospettoso ĆØ evidente che di primitivo cāĆØ molto poco in questi lavori, e che ĆØ più che probabile che, al di fuori dalle immagini mostrate, gli uomini seminudi e operosi usino del cemento e si avvalgano dellāaiuto di strumenti elettrici.
Dietro a questi canali dāaltra parte cāĆØ uno studio millimetrico, molto attento e cinico, della viralitĆ dei video di YouTube e delle parole chiave che possono infilarsi tra le maglie degli algoritmi generando visualizzazioni per contenuti a volte anche molto disturbanti: prima che venisse rimossa dalla piattaforma, unāaltra serie di successo e girata dagli stessi autori delle piscine cambogiane mostrava bambini āselvaggiā del sudestasiatico che grugnivano e mangiavano animali esotici.Ā
Ci si potrebbe domandare in chiusura qual ĆØ il destino di tutte queste costruzioni improbabili. Beh, una volta completate vengono abbandonate nella foresta, mentre si parte a scavare una nuova piscina poco più in lĆ .Ā
Una ripresa di qualche anno fa, la panoramica aerea di un drone, mostra una zona verde, selvaggia, primitiva, ma puntellata e deturpata da cantieri, progetti abbandonati, sacchi di materiali, rifiuti vari.
Ogni societĆ e ogni tempo vive i suoi miti.
#1 LāOMICIDIO DI DUE ATTIVISTI
Dom Phillips e Bruno AraĆŗjo Pereira hanno trascorso le ultime settimane della loro vita con un gruppo indigeno di difesa del territorio. Obiettivo del gruppo ĆØ la documentazione delle attivitĆ illegali di un intreccio abusivo di interessi che include pescatori, taglialegna e cercatori d'oro. Lāarea in cui sono stati avvistati lāultima volta si chiama Javari, ed ĆØ una terra indigena protetta che ospita una delle ultime tribù indigene incontaminante del pianeta. La protezione dello Javari ĆØ una responsabilitĆ della Fundação Nacional do Ćndio (FUNAI), che si occupa della salvaguardia delle ventotto tribù amazzoniche riconosciute come āincontaminateā (delle duecento e oltre presenti in Brasile). Bruno AraĆŗjo Pereira era alla guida del Department of Isolated and Recently Contacted Indians.
A metĆ giugno la Polizia federale ha trovato del "materiale organico umano" nella giungla; gli effetti personali di Phillips sono stati individuati in una borsa sottāacqua. Phillips aveva cinquantasette anni; Pereira ne aveva quarantuno ed era sposato e padre di tre figli. Amarildo da Costa de Oliveira, un colono della zona, ĆØ stato arrestato e ha confessato il delitto; dopo di lui, ĆØ stato arrestato anche il fratello, che però nega ogni coinvolgimento. Secondo la stampa brasiliana i colpevoli potrebbero essere otto.
Phillips era un giornalista freelance che si dedicava da anni allāemergenza climatica e alla tutela della biodiversitĆ : Pereira era un esperto di questioni indigene brasiliane. Stavano lavorando insieme, facendo ricerca per un libro di Phillips che si sarebbe chiamato Come salvare l'Amazzonia.
#2 UNA SCRITTRICE FANTASTICA
Torniamo invece alle possibili appendici che potremmo aggiungere al nostro libro: ce n'ĆØ una che meriterebbe di essere scritta e che riguarda la fantascienza. Ci sono molte autrici e autori che avremmo voluto citare di più e meglio e che solo per mancanza del giusto spazio, o di armonia con le altre cose che stavamo scrivendo, non siamo riusciti a inserire tra le pagine.Ā
Una delle esclusioni più spiacevoli è stata quella di Ursula K. Le Guin. Qualche settimana fa SUR ha pubblicato la sua raccolta di saggi, I sogni si spiegano da soli, curata nell'edizione italiana da Veronica Raimo. Matteo ne ha scritto per Il Tascabile, riflettendo sulla visione del mondo e della scrittura di un'autrice che ci sta a cuore.
Circa 4.500 anni fa un singolo seme generato da due diverse specie di fanerogame si ĆØ radicato al largo della costa occidentale dell'Australia.
Oggi questo esemplare di Posidonia australis è la pianta più grande della Terra, con una superficie di circa 200 km².
Ovvero circa 20.000 campi da rugby, o poco più di 3 volte l'isola di Manhattan.
Al momento dellāinvio di questa newsletter, nellāaria danzano 420,42 ppm (parti per milione) di CO2.