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di Nicolò Porcelluzzi. Alcuni appunti su Čechov e Cardi B: leggerete di padri e figlie, di Rostov sul Don e di cavalli, di YouTube e Darwin.
Benvenuti, questo è un nuovo numero EXTRA! di MEDUSA, la newsletter a cura di Matteo De Giuli e Nicolò Porcelluzzi – in collaborazione con Not.
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In questo numero leggerete di padri e figlie, di Rostov sul Don e di cavalli, di YouTube e Darwin.
Nuovo anno! È tempo di bilanci, oppure no. Un altro anno frullato dai monitor, che in cambio della vita ci offrono: poca roba, scosse elettriche. Da anni ormai nella mia testa, come credo succeda in tante altre, cerco di difendermi dal massacro che un pezzo di cervello vuole fare dell’altro: il pezzo di cervello che mi sono installato anni fa quando ho comprato uno smartphone, il chip che vuole solo zuccheri, lucine e notifiche e cazzate; ecco, il pezzo nuovo pensa che il pezzo vecchio, quello con cui sono cresciuto e che si annoiava e allora leggeva i libri, non sia più necessario. Che sia ansiogeno, e deprimente, quando è vero il contrario.
L’extra di oggi cerca di convincere questi due pezzi di cervello che un mondo migliore è possibile: che possono fare la pace: che si sforzino almeno di donare a me la pace.
Allora: mi sembra che esista una forma di “viralità” che nasce dalla rappresentazione di sensazioni in apparenza inesprimibili, o difficilmente esprimibili, facciamo: complesse. Strane, contraddittorie, tragicomiche. Tra i linguaggi che si prendono la responsabilità di attraversare queste contraddizioni mi sembra ce ne sia uno particolarmente adatto, cioè la letteratura, quella cosa lunga senza notifiche.
Per esempio, leggendo Čechov mi è tornato in mente un video che ho visto l’anno scorso, e le ragioni della sua “viralità”, l’urgenza di condivisione, mi sono ricomparse più chiare e quindi degne di nota – che è già qualcosa, nel mondo dei monitor. Il video mostra un vecchio afroamericano piangere di fronte alle coreografie di “Wet Ass Pussy”, una canzone di Cardi B.