ARASUNU
di Francesco Zanetti. In questo numero leggerete di tuoni e cascate, di albini e danze macabre, di noia e terra rossa, di Peter Kolosimo e del Polacco.
Benvenuti, questo ĆØ il numero centoventisei di MEDUSA,Ā una newsletter a cura di Matteo De Giuli e NicolĆ² Porcelluzzi ā in collaborazione con Not.Ā
MEDUSA parla di cambiamenti climatici e culturali, di nuove scoperte e vecchie idee. Ogni due mercoledƬ.
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In questo numero leggerete di tuoni e cascate, di albini e danze macabre, di noia e terra rossa, di Peter Kolosimo e del Polacco.
Il weekend dei morti abbiamo deciso di andare a vedere le cascate dellāIguazĆŗ. Ć un gruppo di 275 cascate situate al confine tra la provincia argentina di Misiones, lo stato brasiliano del ParanĆ” e il dipartimento paraguaiano di Ciudad del Este.
Ricordo che la prima volta che ne ho sentito parlare era in un film di Wong Kar Wai dove una coppia di Hong Kong ā fuggiaschi a Buenos Aires ā ha il sogno di vedere le cascate prima di rimpatriare. Lāultima era attraverso lo sconcerto di Helena, la signora che fa le pulizie nel palazzo dove vivo:
āMi stavo cagando addosso. Avevo 43 anni ed era la prima volta che volavo. Ho tenuto gli occhi chiusi in aereo tutto in tempo. Quando le ho viste ho pensato Dio ha fatto questo? Sul serio?ā.
CāĆØ una vena ossequiosa nelle parole di Helena, di timore. Dio ĆØ indubbiamente grande, ma sarĆ anche buono?
āState attenti! Ci avverte. Un turista ĆØ morto la settimana scorsa. Si stava facendo un selfie ed ĆØ caduto dentro la garganta del diabloā - la cascata piĆ¹ imponente del complesso - 80 metri di salto. Non ĆØ il primo nĆ© sarĆ lāultimo a volersi tuffare nel magma tiepido delle acque per passare dallāaltra parte; Helena aggiunge che sarĆ bene portarsi vestiti leggeri perchĆ© fa sempre un caldo bestiale nel nord argentino.
Ad IguazĆŗ ci sono invece 12 gradi e piogge torrenziali: due giorni prima lāinnalzamento del livello dellāacqua ha dato vita a onde che hanno distrutto la passerella che dava sulla garganta del diablo, rendendola inagibile.
Fradici, ci troviamo a camminare per una strada a due corsie che divide la selva, cercando un posto dove mangiare. Il paesaggio mi ricorda quello della pianura ferrarese - dove sono cresciuto - fatto di fossi, capannoni semicoperti da piante che li ghermiscono e cartelloni di compro oro e pietre preziose. La terra perĆ² ĆØ diversa. Ć rosso vermiglio, densa, ti si attacca addosso e accumula ai lati delle scarpe.
Le sbatto sullāasfalto per liberarmene quando una voce mi ammonisce: āĆØ un dono della selva. Un dono della realtĆ . Io vendo la realtĆ , vi interessa?ā. Alzo lo sguardo e mi trovo davanti un cowboy in miniatura sulla cinquantina, cappello da gaucho, braccia grosse e tese, occhi tondi e sorriso sfuggente.
Lei gli chiede se oltre alla realtĆ vendano pure del cibo. Lui ci invita nel suo quincho, una specie di fattoria con una struttura centrale con tetto spiovente, dove ci rifocilliamo. Ci sono una decina di persone che bevono mate sedute in cerchio, ipotizzo vivano tutte insieme. Il cowboy ci propone una visita alla comunitĆ indigena dei GuaranƬ, con la quale collaborano, ma ci avverte: āSono un emissario della selva. Non posso promettervi che i GuaranƬ vi accoglieranno, ma posso portarvi da loroā.
Accettiamo, divertiti dalla solennitĆ del cowboy, che ci consegna a Guaral, un ventenne guaranƬ che sarĆ la nostra guida. Ha imparato lo spagnolo a scuola e da grande sarĆ cacique - il capo villaggio. Glielāha detto lo sciamano. Mentre attraversiamo la selva a bordo di un trattore, Guaral ci racconta che da bambino diceva a suo padre che non avrebbe mai avuto bisogno di soldi ma ora che lavora sƬ, quiero la plata. Voglio i soldi.
Il discorso muore lƬ. Lavorare negli hotel che hanno invaso casa tua, scarrozzare turisti per la giungla e vedere che indossano scarponcini tecnici, magliette termiche, gioielli brillanti e dormono in teche di vetro termoregolate ti obbliga a desiderare qualcosa che non sapevi esistesse? E che in cambio ti chiede di intrattenere con la tua diversitĆ senza creare imbarazzo; di mostrarsi un affabile selvaggio a scuola di civiltĆ che fa da equilibrista tra il nostro mondo di merci e il suo di residui e avanzi.
Gli chiedo informazioni sulla sua religione e Guaral mi risponde vago, si contraddice: infine mi confessa che non si ricorda. SarĆ² capo villaggio, non sciamano mi dice. Parla la lingua dei suoi antenati ma non ne conosce i riti, ignora i significati dietro le invocazioni al sole, allāacqua, alla terra, ripete le tradizioni cosƬ come gli sono state insegnate senza distinguere immagine e simbolo, sacro da simulacro. In questo ci somigliamo.
Entriamo in un sentiero cementato nel mezzo della selva e Guaral ci dice che lāha costruito lāHilton per facilitare lāarrivo degli ospiti, cosƬ come il wi-fi, gratuito per tutti. āOra posso svegliarmi unāora dopo per andare al lavoro, mentre prima dovevo attraversare la selva a piediā. Alla fine della strada riprende la terra rossa. Guaral ci dice di scendere, che continueremo a piedi. SarĆ il Polacco a guidarci per il villaggio e quando arriverĆ gli diremo avejetĆØ, cosƬ saprĆ che va tutto bene.
Il Polacco ci accoglie con tutti i crismi della selva per turisti: ci presenta la abuela del villaggio che cura tutti i malanni con infusi di erbe e mate, i bambini golosi di caramelle americane, ci mostra il grasso dāiguana che usano per curarsi dal morso della vipera rossa e pure i silos dāacqua e una vecchia FIAT parcheggiata sotto un tetto di paglia.
āSiamo civilizzati qui, che credi? Possiamo andare in cittĆ o allāospedale per far partorire le nostre donne. Abbiamo una scuola, la corrente elettrica e lāacqua corrente. Ce li ha donati una signora che ĆØ venuta a visitarci dicendo che se avesse vinto Ballando con le Stelle ci avrebbe aiutatoā. Poi aggiunge ridacchiando: ālo sciamano lāha benedetta ed ĆØ arrivata primaā.
Prima di salutarci il Polacco ci mostra un campetto da calcio dove due settimane prima ha piantato dellāerba: i ciuffi verdi spuntano ovunque rigogliosi e forti. Lāunica zona dove non cresce nulla ĆØ appena fuori il villaggio. LāHilton stava costruendo un campo da golf finchĆ© il tribunale civile non ha stoppato il progetto. Prima hanno perĆ² avuto il tempo di scaricare solventi e rifiuti dellāhotel nella buca, dove la terra non trattiene piĆ¹ lāacqua, trasformandosi nella palude che chiamano lago.
I bambini ci vanno a pescare e nuotare nei giorni piĆ¹ caldi e ci vive un yacarĆØ. āĆ arrivato quando era poco piĆ¹ di un cucciolo ed ĆØ cresciuto con noiā dice Guaral, āconviviamo in paceā. I guaranƬ ti parlano in spagnolo, ma chiamano gli animali nella loro lingua. YacarĆØ ĆØ il giaguaro? chiedo. Guaral fa cenno di sƬ, non troppo convinto.
Costeggiamo il laghetto col trattore e Guaral ci indica una testa che spunta tra i canneti: YacarĆØ. Tre bambini stanno pescando a pochi metri di distanza. Le stringo la mano e curvo le dita come ad imitare un artiglio. Lei tende le braccia perpendicolarmente e le sbatte due volte lāuna contro lāaltra, simulando due fauci che si chiudono. Guaral conferma: YacarĆØ, no JaguaretĆØ.Ā Interdetto, guardo meglio: immerso fino alla testa nel laghetto, coperto dalle canne, cāĆØ un alligatore. Mi sento terribilmente stupido.
Per liberarmi dallāimbarazzo Guaral ci invita a casa. āVi presento mio padre ā ci dice ā lui ĆØ come voiā. Ci interroghiamo sul significato delle parole del ragazzo mentre il trattore prende una deviazione e si addentra in una radura piena di plastica e spazzatura dove ci sono due baracche: una quadrata piĆ¹ grande e lāaltra triangolare. Guaral ci indica un campetto coltivato dove ha appena piantato la manioca. Presto sarĆ pronta e la venderĆ², ci dice. AvejetĆØ, sentiamo alle nostre spalle.
Lāenigma si risolve. Il padre di Guaral ĆØ come noi: bianco. Ma ha una testa deforme, con una fronte altissima e gonfia ai lati, con vene viola che pulsano regolari. Non ha le sopracciglia e le pupille sono bianchissime. Indossa un paio di ciabatte nere, dei pantaloncini del River Plate sporchi di fango e ha una camicia bianca aperta fino allāombelico.Ā
AvejetĆØ, rispondiamo, in attesa che succeda qualcosa. Che faccia una battuta sugli insetti, ci mostri qualcosa da comprare o ci offra un infuso dāerbe o una pannocchia bruciata. Invece non succede nulla. Lāalbino ci dĆ le spalle e sparisce dietro alla baracca quadrata a raccogliere monnezza e noi saltiamo velocemente sul trattore, vogliamo rivedere quella strada di cemento che attraversa la selva. Stanchi? chiede Guaral. Morti.
Tornati in hotel passiamo unāora a toglierci terra rossa di dosso e le scarpe sono talmente zuppe che andiamo a cena indossando buste di plastica a protezione dei piedi. Al ristorante le pareti sono dipinte di rosso e ci dicono di mangiare in fretta che devono chiudere: una tempesta ĆØ in arrivo.
Notte. I lampi illuminano la stanza a giorno. Dopo alcuni minuti di silenzio scoppia la tempesta, ĆØ un susseguirsi di tuoni e fulmini. Non ho mai visto niente del genere. Il vento muove le palme e le sbatte contro le finestre come artigli che graffiano contro il vetro. Abbiamo paura. Allora iniziamo a contare lo spazio tra il lampo e il tuono: uno, due, tre. Tuono. Uno, dos, tresā¦ non succede nulla.
Continuo a contare. Quattro, Cinque, Sei. Un suono alieno scende nella stanza, qualcosa che perde. Qualcuno. PeteÄ©, MokƵi, Mbohapy. La stanza brilla di luce bianca e nellāattimo tra il lampo e il tuono vedo lāalbino seduto al bordo del letto, con le sue ciabatte sudice e la sua testa enorme. Si copre gli occhi con la mano sinistra e sbatte la destra sporca di terra contro le lenzuola. Tiene il tempo. PeteÄ©, MokƵi, Mbohapyā¦ Arasunu.
#1 PIGRIZIA
Buoni a nulla. Fondamenti di una teoria dell'ozio ĆØ appena uscito per la collana ebook dei Quanti di Einaudi. A dispetto del sottotitolo, ĆØ un racconto, diciamo, di autofiction. Lo ha scritto Matteo ed ĆØ la storia di una amicizia che nasce e cresce e muore attorno alla pigrizia. Lo potete acquistare sul sito dellāeditore e in ogni altro posto online dove si vendono ebook. Sono una quarantina di pagine.
#2 DRAWINā CIRCLES
A metĆ novembre ha iniziato a diffondersi uno strano video ripreso da un circuito chiuso, con i tipici connotati del circuito chiuso, che mostra un gregge di pecore muoversi ossessivamente in cerchio in una sorta di danza macabra. Il video, girato in un allevamento da qualche parte in Mongolia, documenta un comportamento che va avanti da giorni.
Di fronte allāimmagine di un gregge che corre intorno a un centro vuoto la prima reazione, almeno nel nostro caso, non ĆØ razionale: il pensiero magico dilaga, si prende tutto lo spazio: quel centro vuoto ĆØ in comunicazione con il destino ciclico delle cose, e nella loro coreografia delle pecore parlano la lingua della preghiera. Opera del caos: di dio, di satana: un significato eterno ha trovato la strada nel recinto numero 13 di un allevamento mongolo.
Poi arriva il pensiero logico e rompe il gioco. Ma ĆØ bello anche rompere il gioco, perchĆ© ci sono diversi modi per farlo: cāĆØ chi come causa ha indicato la listeriosi, ma ĆØ una teoria confutata dalla letalitĆ di Listeria, un batterio che avrebbe dovuto ammazzare il gregge nel giro di due giorni; la risposta sembra orientarsi invece verso meccaniche di comportamento collettivo, in un reame forse piĆ¹ affascinante di quello delle infezioni batteriche, ancora piĆ¹ sbilanciato sullāinvisibile.
Secondo Matt Bell, professore e direttore del Dipartimento di Agricoltura dell'UniversitĆ Hartpury a Gloucester (Inghilterra), il comportamento stereotipato potrebbe essere dovuto alla frustrazione del recinto.
Si parla di comportamento quindi, di una serie di azioni che trovano origine in fattori ambientali e psicologici. In questo caso, forse, dovute allāelevato grado di stress del gregge. Lo stress ĆØ una delle maschere di Satana.
#3 PK
Il 15 dicembre del 1922 a Modena nasceva Pier Domenico Colosimo, che sarebbe diventato famoso con il nome dāarte di Peter Kolosimo. Per celebrare il centenario, vi riproponiamo il profilo che Matteo scrisse qualche anno fa su Kolosimo per Not, dedicato a āil fascino, lāimprobabilitĆ , lāambigua ereditĆ del padrino italiano della fanta-archeologiaā.
Alla fine degli anni cinquanta Peter Kolosimo si mise a scrivere di scienza per il grande pubblico. UnƬ in un solo calderone astronomia, archeologia, psicologia e ingegneria, e usĆ² quel miscuglio per dar forma alle storie dellāocculto: ufologia, mistero, storia esoterica. In Italia fu il primo.
Uno dei cavalli di battaglia di Kolosimo era la cosiddetta teoria degli antichi astronauti. Nel pozzo della civiltĆ umana, nelle sue profonditĆ ormai dimenticate, ancora prima del nostro tempo ā scriveva ā si nasconde una fonte di conoscenza arcaica, detrito di una cultura superiore, magari extraterrestre. La perizia costruttiva delle popolazioni antiche, per esempio, potrebbe essere proprio la conseguenza dellāuso di tecnologie aliene, trasmesse agli esseri umani da qualche civiltĆ proveniente da altri mondi. Le prove? Da ricercare nei misteri delle piramidi di Giza e delle linee di Nazca, tra i massi di Stonehenge, nei fili rossi che uniscono le civiltĆ precolombiane. Vi sono particolari propri ai miti delle piĆ¹ antiche e lontane civiltĆ , che non permettono di dubitare della loro origine comune.
Il resto qui.
Secondo un nuovo report delle Nazioni Unite, cinque miliardi di persone dovranno affrontare almeno un mese di carenza d'acqua da qui al 2050.
Il che significa due terzi della popolazione mondiale.
Nello stesso report si legge che tra siccitĆ , allagamenti, inondazioni, scioglimenti dei ghiacciai, giĆ tra il 2001 e il 2018 il 74% dei i disastri naturali ĆØ stato legato all'acqua.
Al momento dellāinvio di questa newsletter, nellāaria danzano 416,99 ppm (parti per milione) di CO2.